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“Storie della notte”, di Kitty Crowther. Pubblicato da Topipittori

Tre sono le storie della notte che Orsetto vuole sentirsi raccontare dalla mamma; tre i loro protagonisti: una guardiana della notte, una bambina coraggiosa e un signore con il cappotto, che vivono il momento dell’andare a letto, tempo (e spazio) di passaggio per eccellenza, ognuno a suo modo. Magia, incanti, connessioni non del tutto spiegabili attraverso la ragione alimentano un libro poetico e tenero; l’artista belga descrive mondi riconoscibili, immaginabili, possibili, fantastici, e sempre qualcosa di più: un sentimento, una suggestione, un’intuizione, un mistero che condivide con i suoi lettori preservandolo tale, senza raccontarlo a parole, come se fosse compito di ognuno di noi ritrovarlo e custodirlo. Dalla luce al buio, dalla veglia al sonno, dal controllo all’abbandono, dal vedere fuori al vedere dentro, il momento dell’addormentarsi è qui descritto da Crowther con una sensibilità eccezionale: il suo rosa, dell’aria, dell’acqua, della roccia, ma anche delle calde coperte, delle pareti della casa dove fanno ritorno mamma e Orsetto a inizio racconto, addomestica il nero della notte, rendendolo innocuo. Le linee, così emblematiche del suo disegno, sono le arterie delle cose, ne sono la linfa; mai rigide, per quanto dritte, alle volte leggermente ondulate, o così lunghe da doverle seguire con il dito per accorgersi che uniscono il centro e la periferia delle immagini; nere o colorate, creano connessioni all’interno della composizione, parlano il linguaggio della semplicità, dell’imperfezione sbalorditiva del mondo, dell’esperienza, delle strade percorse, così come di quelle immaginate. La profondità psicologica dei racconti e dei disegni di Crowther non passa inosservata nemmeno qui: l’artista ha un’abilità rara nel descrivere e nel rendere visivamente gli stati d’animo dei propri personaggi; ne è un esempio il letto della guardiana della notte, che vediamo dolce collina parte di un armonico paesaggio naturale, ma anche isola che sprofonda nella voragine del dubbio, quando, anche se per finta, il guardiano si agita e mostra titubante. Ormai un classico.

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