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“Diciassette fiocchi di neve” di Sergio Ruzzier, pubblicato da Topipittori

In questi giorni, se vi recherete in libreria, troverete una bellissima sorpresa, di quelle che vi faranno sorridere almeno fino a sera; ovviamente sto parlando delle nuove avventure di “Fox e Chick”, scritte e disegnate da Sergio Ruzzier e pubblicate in Italia da Topipittori.

Come Claude Monet, che dipinge la cattedrale di Rouen in diversi momenti della giornata; Guido Guidi, che nel suo “Preganziol” fotografa la stessa stanza illuminata diversamente a seconda dell’ora; Georges Perec che, da quanto leggiamo nel suo “L’infra-ordinario”, torna negli stessi luoghi durante le sue camminate e appunta giorno, ora e situazione meteorologica, in “Diciassette fiocchi di neve” Ruzzier ci presenta quello che riconosciamo essere l’habitat di Fox e Chick, ma con una luce diversa dal solito. L’autore, per la prima volta, colora l’aria di gialli e arancioni intensi, come a voler suggerire un qualche cambiamento; perfino il cielo durante la nevicata della storia che dà il titolo all’edizione italiana è di un giallo Van Gogh.

courtesy Sergio Ruzzier e Topipittori

Quale potrebbe essere la ragione dietro questa variazione cromatica significativa? Che Ruzzier sia andato in Provenza mentre dipingeva “Diciassette fiocchi di neve”, restando abbagliato dalla stessa luce che ha emozionato visceralmente il maestro olandese? O piuttosto: che Ruzzier giochi in quel confine indefinito tra realtà e finzione tipico del libro tout court e che si diverta a creare ambienti sincretici, dove il vero e il falso convivono nella più totale tolleranza interpretativa? D’altronde, come dice mia figlia Livia, “i libri sono finti, ma parlano di cose vere”. (Io avrei invertito le aggettivazioni – “i libri sono veri, ma parlano di cose finte” – ma preferisco abitare il senso di Livia e provare a osservare il mondo dal suo punto di vista).

Niente di tutto questo. Qualche settimana fa Ruzzier ha postato su Facebook una fotografia del Monte Cimone che vede dalla sua casa sull’Appennino Tosco-Emiliano; al centro dell’immagine una fascia orizzontale di un arancione intenso, che colora il cielo probabilmente al tramonto. La si potrebbe scambiare per un dipinto di Rothko o ricondurre alla serie fotografica “The Crimson Line” di Trent Parke, tanto il colore è acceso, fluorescente, paradossalmente naturale.

Ruzzier insiste non solo sul cosa e sul come dell’osservazione, ma anche sul quando, ovvero sul tempo che muta gli oggetti, i fenomeni e li qualifica differenziandoli a seconda dei nostri giri intorno al sole; quella striscia arancione nel cielo cambia tutto, sprigionando per l’intera immagine un’energia non solo cromatica e presentando come inaspettatamente organico un elemento, l’arancione fluorescente, che difficilmente assoceremmo alla natura in linea teorica.

courtesy Sergio Ruzzier e Topipittori

Continuiamo per un momento munarianamente a guardare l’aria: lo sguardo del lettore si sposta su qualcosa di aereo, quasi immateriale, su un’atmosfera, una sensazione, più che su qualcosa di netto e preciso come la roccia che da sempre compone il paesaggio minimale-primordiale delle avventure di Fox e Chick. Il lettore è già abituato a contemplare le nuvole di Ruzzier, quelle nomadi formazioni imbottite da cui l’autore si lascia ispirare per creare i corpi irregolari di nuovi-preistorici esseri protagonisti di altri suoi libri; ma qui il cielo è diverso da ogni altro disegnato prima: ha il colore della perseveranza dell’osservazione, di un’illuminazione, dell’artisticità del tono su tono; è il cortocircuito tra freddo e caldo, che, se non anticipa possibili cataclismi, inevitabilmente un cambiamento.

Proprio di cambiamento possiamo parlare anche per quanto riguarda i personaggi stessi: le differenze tra Fox e Chick sono sempre visibili e rimangono ciò su cui si fonda la straordinarietà della loro coppia, ma qui non sono eccessivamente spigolose. La relazione è più serena, liscia, come la loro discesa sulla neve, senza dossi e scossoni improvvisi; Fox non trova nessuna festa a sorpresa aprendo la porta del bagno di casa sua, si arrabbia meno, è più zen, se fosse possibile, ancora più amorevole; Chick è decisamente meno fastidioso e snervante. Che sia cresciuto? Ruzzier stroncherebbe in partenza questa mia ipotesi; di adulti irritanti ce ne sono abbastanza per negare una tollerante e composta ragionevolezza come condizione necessaria alla maturità. Fox, quasi maieuticamente, sembra accompagnare Chick nelle sue scoperte conoscitive e nelle sue acquisizioni di abilità: il pulcino impara a scendere dall’albero, o meglio, la volpe gli mostra attraverso la parola come fare; Fox gli insegna a pazientare, come occorre se in ballo ci sono cose meravigliose quali scendere con lo slittino sulla neve, e gli suggerisce un pensiero progettuale quando gli consiglia di costruire una libreria più spaziosa.

courtesy Sergio Ruzzier e Topipittori

Nonostante il titolo originale in inglese “Up and down”, che accenna alla verticalità anche di alcune vignette che dividono la pagina in spazi lunghi e stretti, questo libro è innegabilmente associabile alla diagonale, facendo di questa linea una parte per il tutto concettualmente molto espressiva: diagonale è il ramo sul quale Chick si siede e sosta, dialogando con Fox per tutta la storia; diagonali sono le linee immaginarie che seguono i fiocchi di neve per scendere a terra; diagonale è la discesa di Fox e Chick con lo slittino; diagonali sono le assi che costituiscono la libreria mono-libro di Chick, la cui bellezza sta proprio nel suo essere “di sguincio”.

Se poi facciamo un volo poco pindarico con il pensiero e colleghiamo la dia-gonale ai dia-loghi, abbiamo un’altra conferma dell’intenzionalità di un autore, per cui il disordine non è mai caso tout court, ma meditata composizione di incongruenze e irregolarità. Le battute di Fox e Chick sembrano pezzi di un puzzle che si incastrano con naturalezza e mostrano, in perfetto stile Ruzzier, la logica lineare, limpida e lampante della semplicità; la diagonale, ovvero l’ipotenusa, più corta della somma dei due cateti in un triangolo, avvicina anche i personaggi della serie, ne smussa gli spigoli, le esagerazioni, i contrasti. È nella diagonale che ritroviamo la serialità delle storie di Ruzzier, quel minimo comune denominatore che ne fa un tutto organico; la stessa diagonale che percorre la storia dell’arte, a cui l’autore guarda costantemente, nell’impresa, tanto ardua quanto riuscita, di dare vita e movimento alle opere, di smorzare i contrasti tra verticale e orizzontale, di avvicinare oggetti e personaggi e di relazionare elementi tra loro distanti.

“Diciassette fiocchi di neve” conferma l’importanza della variazione nella serialità, del cambiamento nella ripetizione dell’essenzialità di “Fox e Chick”: già dalla copertina del libro è visibile la variante tonale di queste nuove storie, che alleggerisce l’uniformità del progetto seriale, come un’eccezione che conferma la regola: Fox e Chick sono una delle coppie più amabili della letteratura internazionale, di cui il lettore difficilmente potrà stancarsi.

 

 

 

 

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