“Che cos’è l’arte” di Arthur C. Danto, pubblicato da Johan and Levi con la traduzione di Nicoletta Poo
Se con gli occhi non riesco a distinguere l’opera di Warhol dalla confezione di detersivo sugli scaffali del supermercato, significa che le prerogative dell’arte non stanno nella sua visibilità. è questo il presupposto teorico di Arthur Danto, il cui pensiero è stato fondamentale per lo sviluppo dell’estetica così come della filosofia analitica dell’arte. Senza le sue riflessioni sulla relazione, sull’aboutness, la critica avrebbe molto di meno su cui impostare le proprie recensioni. Senza il suo spostare l’attenzione dallo sguardo agli altri sensi l’estetica avrebbe un collegamento in meno con l’arte. L’impresa di Danto è stata quella di chi, nonostante tutto, non rinuncia alla ricerca di un principio; nonostante l’ermeneutica, non rinuncia all’individuazione di una verità, seppur con la v minuscola, nonostante il lecito relativismo, è convinto di un ordine regolatore. Un pensiero il suo che si sviluppa dalla fine dell’arte hegeliana, non senza contestualizzare e specificare l’idea di fine; a concludere questo libro, una summa indispensabile della filosofia di Danto, scritto prima della morte dell’autore e testo divulgativo per eccellenza, una riflessione sull’estetica e il suo futuro, da cui apprendere la condizione ancillare di questo ramo della filosofia e il suo riscatto. “Che cos’è l’arte” è un caposaldo degli studi sull’arte oggi, la cui lettura è imprescindibile se si desidera comprendere e parlare con cognizione di causa.